26 Marzo 2021
DOBBIAMO TORNARE ALLA CULTURA TESSILE

Il commercio locale negli ultimi anni è cambiato radicalmente e ne rispecchia l’evoluzione delle dinamiche sociali.L’aumento della qualità della vita e allo stesso tempo dello stress quotidiano ha portato il modo di spendere i soldi diversamente, scegliendo il benessere della propria persona a discapito di quello che pian piano è stato considerato superfluo.Questo perché molti di noi hanno dovuto fare delle scelte.Negli ultimi 20 anni gli ingressi economici delle famiglie sono rimasti pressoché uguali, vivere dignitosamente è diventato caro e con l’avvento dell’euro le cose non sono certamente migliorate.
Chi di noi non ha mai pensato “non compro un altro cappotto perché preferisco andare a cena fuori con gli amici” oppure “ non compro quel capo firmato perché con gli stessi soldi faccio una settimana di vacanza”.Insomma se prima il sentirsi bene era dato dal vestirsi bene ,oggi il sentirsi bene è dato dal volersi bene.
La tranquillità, passare alcuni giorni in montagna o al mare, stare con gli amici, approfittare di un aperitivo ,godersi la famiglia, sorridere ,oggi sono necessità di cui nessuno vuole privarsi.
Ma la crisi dell’abbigliamento non è colpa del modo di vivere delle persone .
L’industria tessile mondiale è la maggior responsabile di questa crisi. Tutti noi addetti ai lavori abbiamo la responsabilità di esserci adeguati al sistema senza lottare.
I nostri armadi sono pieni, nessuno ha motivo, specie in questo periodo storico drammatico che stiamo vivendo ,di riempirli ulteriormente.
Il tempo a noi dedicato è sempre più ristretto. La nascita di internet , dei centri commerciali e-commerce hanno calcato l’onda.
Una volta far shopping ,andare nel negozio preferito, nel proprio centro storico, farsi consigliare dal commesso, passare un ora a provarsi capi era una gioia.
Gli street wiew, visualizzare le vetrine fa parte della ricerca che io faccio sempre ogni stagione per rendermi conto di come la società si muove e cosa richiede.
E visitando e guardando, ormai sono anni che mi pongo interrogativi..
Come fa un consumatore a essere invogliato nel comprare quando le vetrine sono piene di capi di scarsa qualità provenienti da ogni parte del mondo?…..
La nascita della grande distribuzione negli ultimi 20 anni ha immesso sempre maggiormente prodotti di bassa qualità con l’obiettivo di abbassare i costi. Ma ogni cosa ha il suo rovescio della medaglia.
Se all’inizio abbiamo avuto un incremento delle vendite pian piano di conseguenza la corsa al consumismo ha saturato il mercato e in alcuni casi distrutto prodotti storici della nostra industria tessile.
Le manifatture tessili importano filati e rilavorano basi di tessuto che una volta erano il loro storico, il loro pane quotidiano. Le concorrenze oltreoceano a dir poco sleali, non permettono più , se non in casi rari ,di poter competere con certi prodotti…. Con nostalgia ripenso e ricordo i grandi cotonifici, i grandi linieri, gli storici setifici, per non parlare dei cardaioli lanieri della mia città.
I Brands non sono stati da meno.Oggi investono gran parte delle loro risorse in immagine aziendale e merchandising a scapito della qualità del prodotto.
Più di una volta mi son trovato a discutere con brands altosonanti per pochi centesimi al metro, addirittura su prodotti di bassa fascia e di importazione..Gli addetti degli uffici stile oggi impongono il prezzo del prodotto.
il capo finto purtroppo non è più basato sulla qualità del tessuto e sulla sua sartorialità ma si basa sulla etichetta ,sull’immagine, sul messaggio che l’azienda ha voluto dare al consumatore finale.
RISULTATO
il distretto tessile italiano sta morendo.
Possiamo salvarlo?…io non lo so..ma dobbiamo provarci..
Lo dobbiamo a tutti noi, perchè l’industria tessile italiana è stata il fiore all’occhiello della nostra nazione in tutto il mondo , fa parte della nostra storia ,del nostro essere ,della nostra cultura.
E proprio dalla cultura del nostro tessile che dobbiamo ripartire..
Dobbiamo tutti fare un grosso passo indietro, tornare alle nostre origini.Ripensare e credere come i nostri nonni.
Non è facile anzi..
Ma forse se ognuno fa la sua parte ,possiamo ancora farcela….
I brands,i confezionisti devono tornare a guardare alla qualità,al ricercato gusto nei tessuti, capendo gli sforzi che tutta la filiera tessile fa stagione dopo stagione per essere sempre protagonista e propositiva nei prodotti che presentano, devono cercare di proteggere il prodotto italiano, facendo ricerca e presentando le collezioni nei periodi giusti e non con anticipazioni folli che permettono agli altri di approfittare di noi stessi.
i design devono creare il prodotto non partendo dal prezzo ,ma dal gusto ,dalle materie prime, dalla sua costruzione.
le manifatture, come i terzisti ,devono investire i propri sforzi in personale professionale e qualificato, nella ricerca, stando attenti al mondo che li circonda.
Le scuole ,infine, devono tornare a formare i giovani preparandogli ,dandogli certezze ,una vera qualifica, insegnando disciplina, amore per questo mondo, e tanto sacrificio e umiltà. Coloro che adesso stanno uscendo dalle nostre famose scuole tessili sono sono ragazzi con tanta prosopopea e una gran confusione in testa.
E’ questa l’immagine da dare al consumatore finale.
La gioia di sapere che in quel negozio di quartiere trova amore, passione, ricerca ,sacrifici, sorrisi e sicuramente la voglia di vestirsi
Sono un illuso??? …forse o forse no….
S.B.